Elisa Valletta
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Titolo tesi - "Clausole abusive e data protection negli accordi B2C: l’efficacia della direttiva 93/13/CEE nei
contratti di fornitura di servizi digitali"
Abstract - I nuovi modelli commerciali emersi nel panorama del Mercato Unico Digitale postulano un attento coordinamento tra la tutela dei dati personali, la disciplina consumeristica e le normative poste a presidio di specifiche fattispecie contrattuali.
Il trattamento dei dati personali è sempre più frequentemente oggetto di regolamentazione all’interno degli accordi B2C che, per loro fisiologica asimmetria, sono tenuti ad integrare particolari requisiti di equità e buona fede. In tale prospettiva, la Direttiva 93/13/CEE,
concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori, gioca ormai da trent’anni un ruolo fondamentale nel garantire l’equilibrio tra i diritti e i doveri di consumatori e professionisti. Tuttavia, l’avvento delle nuove tecnologie esige che tale quadro normativo si
confronti con la diffusione di servizi e contenuti digitali e, in particolare, con le clausole che ne disciplinano la fornitura.
L’articolo 3, comma 1, della Direttiva UE 2019/770 prevede espressamente che la fornitura in parola possa avvenire non solo in cambio di un corrispettivo in denaro, bensì anche in virtù del consenso da parte del consumatore al trattamento dei propri dati personali. In altre parole, il
legislatore europeo ha parificato detto consenso ad una controprestazione in grado di integrare il sinallagma contrattuale. Orbene, questo nesso di reciprocità rappresenta un incrocio emblematico tra la normativa di cui al Regolamento generale sulla protezione dei dati
e la disciplina a tutela del consumatore.
Numerose sono le clausole afferenti ai dati personali che celano un animo profondamente vessatorio. Non di rado, ad esempio, i fornitori limitano o escludono l’accesso ai servizi digitali qualora gli utenti rifiutino di condividere i propri dati, senza tuttavia prevedere alcuna
prestazione alternativa che consenta loro di usufruire dei medesimi servizi.
Ciò posto, la ricerca in corso intende vagliare l’opportunità di assoggettare le suddette condizioni alla normativa in tema di clausole abusive. Considerando, in particolar modo, che la stessa disciplina posta a tutela del consumatore esclude che la valutazione di vessatorietà
possa avere ad oggetto l’adeguatezza del corrispettivo di beni e servizi.