Niccolò Tronchin
Email - niccolo.tronchin@unife.it
Titolo tesi - "La videoconferenza come strumento di formazione della prova dichiarativa"
Abstract - La videoconferenza come modalità di acquisizione della prova è uno strumento tradizionalmente utilizzato nei processi a carico della criminalità organizzata, quale ingranaggio del trattamento procedurale differenziato riservato a tale manifestazione criminale, noto con la dicitura di “doppio binario”. Tuttavia, col passare degli anni, si è assistito ad uno scollamento della “videoconferenza acquisitiva” dalla peculiarità dei processi di mafia, sino a diventare una strategia di tutela della fonte di prova nella generalità dei casi, oltre che un metodo per soddisfare esigenze di economia processuale, soprattutto in procedimenti coinvolgenti Stati diversi.
In ambito sovranazionale, a riprova del mutamento finalistico dell’istituto, depongono sia la Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio del 25 ottobre 2012 che istituisce norme minime in materia di diritti, assistenza e protezione delle vittime di reato sia, più in generale, il costante orientamento della Corte Edu, la quale considera l’impiego della videoconferenza rispettoso del diritto al confronto stabilito all’art. 6.3 lett. d) della Convenzione. Da ultima, è la Dir. del Parlamento europeo e del Consiglio del 3 aprile 2014 relativa all’ordine europeo di indagine penale a consacrare il video collegamento quale aspetto rilevante della cooperazione giudiziaria tra Stati in materia di prova, manifestando il favore del legislatore europeo per il ricorso a tale tecnologia, ribadito anche in una successiva Raccomandazione del Consiglio dell’Unione Europea del 2015.
La rottura di unità di tempo e di luogo dell’azione che la videoconferenza comporta ha dei pesanti riflessi in ordine al rispetto del diritto di difesa dell’imputato e del diritto al contraddittorio nella formazione della prova, specialmente quale rispetto del principio di immediatezza, garantiti agli artt. 24 comma 2 e 111 commi 3 e 4 della nostra Costituzione.
La modernità e i suoi strumenti, tuttavia, hanno esercitato una forte attrazione anche sulle determinazioni del legislatore italiano. Lo testimoniano la definitiva stabilizzazione della normativa ex art. 147-bis disp. att. c.p.p. e tutta la serie di successive modifiche legislative, via via volte ad incrementare il novero dei dichiaranti da poter esaminare a distanza, a partire dalla riforma Orlando attuata con l. 23 giugno 2017, n. 103, passando per la normativa di contrasto all’emergenza pandemica da Covid-19, fino alle recentissime novità introdotte dalla Riforma Cartabia con d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150.
Da un punto di vista metodologico, un efficace confronto con il tema in esame passa innanzitutto per una reale considerazione dei principi che entrano in gioco e si scontrano quando il processo viene dislocato rispetto all’aula d’udienza. In questo senso, attraverso un’applicazione accurata del canone della proporzionalità, la ricerca si propone di approfondire le effettive esigenze che giustificano l’assunzione della prova da remoto, le quali possono spaziare dalla tutela dell’incolumità del dichiarante, a mere istanze di celerità ed economia processuale, maggiormente pressanti proprio nei casi di cooperazione giudiziaria tra Stati. In parallelo, particolare attenzione si dedicherà alla dimensione pratica del problema, rappresentata da una lettura critica delle decisioni giurisprudenziali sia interne che sovranazionali in materia di collegamenti audiovisivi. Infine, un’analisi comparata della disciplina sulla videoconferenza adottata da Stati diversi rispetto all’Italia, anche a seguito dell’attuazione della Dir. OEI, costituirà un passaggio importante nel saggiare la sensibilità internazionale sulla questione.