Serena Buccino
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Titolo tesi - “La crisi del principio di laicità dei pubblici poteri sulle questioni eticamente sensibili”
Abstract - La proposta recata dal progetto di ricerca concerne la crisi del principio costituzionale di laicità dei pubblici poteri sulle questioni eticamente sensibili.
In particolare, il punto di partenza riguarda l’annosa dialettica conflittuale Giudice-Legislatore in materia di tutela dei diritti fondamentali.
Con riguardo al contesto nazionale, si intendono impiegare i due esempi del fine-vita e del riconoscimento di famiglie diverse dal modello tradizionale, quali ambiti di studio da vagliare con la chiave di lettura della laicità (rectius: non laicità) delle scelte dei pubblici poteri. Nello specifico, ciò che emergerebbe è un’abdicazione al principio di neutralità procedurale delle istituzioni, chiamate, a vario titolo, a dare seguito alla garanzia dei diritti in parola. Venendo meno detta equidistanza, viene vulnerato lo stesso processo di secolarizzazione e riaffermato de facto quel confessionalismo rinnegato con la sentenza n. 203 del 1989 dalla Corte costituzionale.
I due esempi sovra descritti si prestano, difatti, a manifestare le modalità con cui si esprimerebbe questo gap di neutralità, ovvero attraverso anomalie e deviazioni dalle procedure parlamentari, volte a celare, evidentemente, una sottile forma di resistenza ideologico-confessionale, più che meramente giuridica, da parte degli organi costituzionali.
Per quanto detto, a fronte dell’inerzia del legislatore nazionale rispetto al riconoscimento di alcuni diritti civili, si registra un intervento suppletivo e para-legislativo della Corte costituzionale italiana, nonché delle Corti sovranazionali.
All’esito dell’indagine, l’effetto che si produce è duplice: da un lato, il superamento del principio classico di separazione dei poteri; dall’altro, la negazione del pluralismo, che non dovrebbe essere un valore eventuale, ma tratto cardinale delle odierne società secolarizzate, tanto più in base al paradigma costituzionale europeo, volto all’integrazione inclusiva e all’antidiscriminazione.
Dunque, partendo da un’analisi della giurisprudenza delle Corti nazionali e della Corte di Giustizia dell’UE - con inevitabili incursioni della Corte EDU - si intende risalire al rapporto con il Parlamento, sia nazionale, che europeo, onde verificare quali possano essere meccanismi di responsabilizzazione dell’organo legislativo, a fronte di simili situazioni in cui, come nel caso italiano, questo rimanga inerte a
fronte di determinati gap normativi, ancorché fortemente caldeggiati dalle Corti, nonché dal diritto vivente.
Estendendo, poi, l’orizzonte di riferimento al contesto degli altri Stati membri tout court, si intende indagare come la religione si ponga, all’interno delle dimensioni nazionali, rispetto al processo di integrazione europea.
La stessa Corte EDU, in alcune pronunce in tema di laicità (spesso sollevate dalla Francia, notoriamente connotata da una laicité di accezione estrema ed antitetica a quella italiana), ha optato per un inevitabile approccio di self-restraint, demandando il tema del rapporto tra Stato e religione alla discrezionalità dei singoli Stati membri, trattando l’elemento religioso come elemento di differenziazione, più che di
unificazione, alla stregua di una tradizione culturale.
Invero, anche in considerazione delle eredità culturali, religiose e umanistiche dell’Europa, nonché delle radici cristiane dell’Europa, si indagherà il limite all’autonomia religiosa dello Stato e se questa non venga, invece, strumentalizzata come uno scudo formale e pretestuoso al mantenimento di un approccio normativo più conservativo e tradizionalista.
In altre parole, si verificherà se e in che misura l’approccio degli altri Stati europei disattenda o rispetti, con le relative graduazioni, l’obbligo di neutralità procedurale dei pubblici poteri.